La Colonia felice: utopia lirica (terza edizione)
dell'ignoto; quel sì còmodo nome, ch'è Dio. - Dio? - ripetè Forestina - quel che tu invochi nell'ira? - No, no - Gualdo interruppe con ansiosa premura. - Il
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luce; invano la tìmida àura aliàvagli in volto i suoi baci piumosi. L'ànimo del malvagio è impervio all'alfabeto di Dio: l'ànimo del Beccajo era fitto
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con ansia. - L'ira di Dio è contagio. - Dio non è che perdono - sorrise la giovinetta - Vèdilo in croce con le braccia aperte! - Ma inchiodate
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cavernoso facèa: largo! chè il Dio si avanza ... Si avanza il Tocca-e-sana, il Cacciaffanni, il Sole che non tramonta mai! ... Largo all'aqua che toglie
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alterna il ferro, che tu donavi alle pacìfich'opre, e supplicate a un muto Dio le mani, mani grondanti di fraterna strage, di tè bramosi procombiamo in tè
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crocione su di una pietra, e: giuriàmolo quì - disse, scoprèndosi il capo. Giuràrono. - Era la prima volta, che Gualdo si ricordasse di un Dio, per
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avèa scritto man mano su un ampio foglio di carta i comuni decreti - venga ciascuno, e quì giuri obedienza a quanto, egli stesso, si ha comandato. Dio